Comunicazione alternativa
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Autore: Manuel Olivera
Etimologicamente ‘alternativo’ viene dal latino ‘alter’ e significa ‘diverso’, ‘distinto’, ‘differente da qualcosa d’altro’. Questo riferimento a qualcosa d’altro fa sì che la parola non sia utilizzata in maniera univoca.
L’espressione comunicazione alternativa cominciò a essere usata in America Latina nei primi anni Settanta per indicare un cambiamento nei confronti del sistema di sfruttamento commerciale dei mezzi di comunicazione sociale, nei quali l’interesse economico prevaleva nettamente su tutti gli altri. Con questa espressione si voleva indicare un modello di comunicazione impegnato a promuovere l’educazione degli adulti, i diritti umani, i valori della cultura, ecc. (Rapporto MacBride)
Questa proposta subì una forte trasformazione durante il periodo delle dittature militari, che grosso modo dominarono il panorama politico dell’America Latina nei decenni Settanta e Ottanta. Le forze armate avevano approfittato del forte sostegno internazionale, di cui godevano in quel momento, per rendere funzionali al loro regime i mass media. In quella situazione il termine c.a. indicò ogni tentativo di dibattito e dialogo libero. Le differenze all’interno di questa proposta non conformista erano molte, eppure i governi consideravano la c.a ‘sovversiva’ o ‘comunista’ e la combattevano.
Il concetto di c.a si andò purificando e affinando, a partire dalla constatazione che il termine ‘comunicazione’ veniva usato in due forme diverse. La prima considerava la comunicazione un flusso di informazioni unidirezionale, dall’alto al basso, che detta ordini: la comunicazione è espressione del potere di un gruppo su di un altro, procede da una delle parti, mentre l’altra deve accontentarsi di ricevere ed eseguire. È la strada che va da chi comanda a chi ubbidisce. Ma c’era anche un altro significato della parola ‘comunicare’: "mettere in comune", "condividere", come si fa tra amici o tra i membri di una comunità ben costituita. In questo caso la strada è a due vie, andata e ritorno, dove ambedue le parti danno e ricevono. In questo contesto l’aggettivo ‘alternativo’ suggerisce l’opzione per quest’ultima forma di comunicazione al posto della prima: il dialogo piuttosto che il monologo.
C’è un’ulteriore accezione del termine c.a. Si usa per indicare la comunicazione che favorisce le classi emarginate. Le favorisce come gruppo, come insieme e non semplicemente come forze individuali, aiutandole a organizzarsi e a risolvere da se stesse le cause generatrici della loro emarginazione; le favorisce non solo mediante i contenuti trasmessi nei media, ma anche nelle metodologie impiegate. Esempi di questa c.a. sono le piccole emittenti radiofoniche istallate in zone abitate da minoranze indigene per aiutarle a non perdere la propria lingua, la propria cultura, le proprie tradizioni ancestrali: la radio non la fanno alcuni per gli altri; ai programmi partecipa in modo diretto anche la base. Oppure il servizio di scuola via radio, con la quale l’insegnante, da un piccolo studio, segue ‘i campesinos’ dispersi in mezzo alle montagne.
Tutte queste forme di c.a. offrono servizi apparentemente innocui; in realtà hanno qualcosa in comune che le rende pericolose agli occhi del potere (di qualsiasi orientamento): tutte quante infatti cercano di dare forza a grandi masse umane trascurate dai centri di potere. Buona parte del loro compito consiste nel rendere le persone consapevoli dei propri diritti e nell’insegnare loro l’uso dei mezzi di comunicazione per difendersi. È per questo motivo che molti movimenti che attuavano forme di c.a. sono stati violentemente osteggiati. Per esempio, il Movimiento Educacional de Base in Brasile, sostenuto dall’Episcopato cattolico per la promozione dell’alfabetizzazione dei contadini: venne prima assorbito e poi isterilito da parte del governo militare. Per la stessa ragione tutte le proposte di utilizzazione dell’audiovisivo nei gruppi di base erano viste con diffidenza da parte di coloro che volevano e vogliono avere un controllo dell’opinione pubblica e quindi optano per una scuola che detta ciò che si deve sapere a memoria piuttosto insegnare a imparare.
Il dibattito è presente anche nella Chiesa cattolica. La pratica della c.a. è sostenuta con forza da coloro che pensano che tutto ciò non è poi molto lontano dalle idee predicate da Cristo su un regno nel quale tutti si sentono figli dello stesso Dio. I suoi sostenitori si richiamano alla parabola del capitolo 25 di Matteo, là dove si dice che neanche un bicchiere d’acqua resterà senza ricompensa eterna. Questa tendenza nega la divisione teologica tra naturale e soprannaturale e pensa che sia già evangelizzazione il promuovere condizioni di vita più umane, anche se non si annuncia esplicitamente il nome del Signore. Al loro modo di pensare si contrappongono quanti preferiscono la linea espressa nel Vangelo di Marco: "Andate e battezzate tutte le nazioni. Coloro che saranno battezzati si salveranno, gli altri saranno condannati". Questa seconda tendenza preferisce un’evangelizzazione più esplicita, poiché considera che ciò che si riferisce al benessere sociale poco o nulla ha a che vedere con il regno dei cieli. Può essere pre-evangelizzazione, ma non evangelizzazione propriamente detta.(Comunicazione e sviluppo; Emittente comunitaria; Libertà e comunicazione; Politica e informazione; Tazebao)
L’espressione comunicazione alternativa cominciò a essere usata in America Latina nei primi anni Settanta per indicare un cambiamento nei confronti del sistema di sfruttamento commerciale dei mezzi di comunicazione sociale, nei quali l’interesse economico prevaleva nettamente su tutti gli altri. Con questa espressione si voleva indicare un modello di comunicazione impegnato a promuovere l’educazione degli adulti, i diritti umani, i valori della cultura, ecc. (Rapporto MacBride)
Questa proposta subì una forte trasformazione durante il periodo delle dittature militari, che grosso modo dominarono il panorama politico dell’America Latina nei decenni Settanta e Ottanta. Le forze armate avevano approfittato del forte sostegno internazionale, di cui godevano in quel momento, per rendere funzionali al loro regime i mass media. In quella situazione il termine c.a. indicò ogni tentativo di dibattito e dialogo libero. Le differenze all’interno di questa proposta non conformista erano molte, eppure i governi consideravano la c.a ‘sovversiva’ o ‘comunista’ e la combattevano.
Il concetto di c.a si andò purificando e affinando, a partire dalla constatazione che il termine ‘comunicazione’ veniva usato in due forme diverse. La prima considerava la comunicazione un flusso di informazioni unidirezionale, dall’alto al basso, che detta ordini: la comunicazione è espressione del potere di un gruppo su di un altro, procede da una delle parti, mentre l’altra deve accontentarsi di ricevere ed eseguire. È la strada che va da chi comanda a chi ubbidisce. Ma c’era anche un altro significato della parola ‘comunicare’: "mettere in comune", "condividere", come si fa tra amici o tra i membri di una comunità ben costituita. In questo caso la strada è a due vie, andata e ritorno, dove ambedue le parti danno e ricevono. In questo contesto l’aggettivo ‘alternativo’ suggerisce l’opzione per quest’ultima forma di comunicazione al posto della prima: il dialogo piuttosto che il monologo.
C’è un’ulteriore accezione del termine c.a. Si usa per indicare la comunicazione che favorisce le classi emarginate. Le favorisce come gruppo, come insieme e non semplicemente come forze individuali, aiutandole a organizzarsi e a risolvere da se stesse le cause generatrici della loro emarginazione; le favorisce non solo mediante i contenuti trasmessi nei media, ma anche nelle metodologie impiegate. Esempi di questa c.a. sono le piccole emittenti radiofoniche istallate in zone abitate da minoranze indigene per aiutarle a non perdere la propria lingua, la propria cultura, le proprie tradizioni ancestrali: la radio non la fanno alcuni per gli altri; ai programmi partecipa in modo diretto anche la base. Oppure il servizio di scuola via radio, con la quale l’insegnante, da un piccolo studio, segue ‘i campesinos’ dispersi in mezzo alle montagne.
Tutte queste forme di c.a. offrono servizi apparentemente innocui; in realtà hanno qualcosa in comune che le rende pericolose agli occhi del potere (di qualsiasi orientamento): tutte quante infatti cercano di dare forza a grandi masse umane trascurate dai centri di potere. Buona parte del loro compito consiste nel rendere le persone consapevoli dei propri diritti e nell’insegnare loro l’uso dei mezzi di comunicazione per difendersi. È per questo motivo che molti movimenti che attuavano forme di c.a. sono stati violentemente osteggiati. Per esempio, il Movimiento Educacional de Base in Brasile, sostenuto dall’Episcopato cattolico per la promozione dell’alfabetizzazione dei contadini: venne prima assorbito e poi isterilito da parte del governo militare. Per la stessa ragione tutte le proposte di utilizzazione dell’audiovisivo nei gruppi di base erano viste con diffidenza da parte di coloro che volevano e vogliono avere un controllo dell’opinione pubblica e quindi optano per una scuola che detta ciò che si deve sapere a memoria piuttosto insegnare a imparare.
Il dibattito è presente anche nella Chiesa cattolica. La pratica della c.a. è sostenuta con forza da coloro che pensano che tutto ciò non è poi molto lontano dalle idee predicate da Cristo su un regno nel quale tutti si sentono figli dello stesso Dio. I suoi sostenitori si richiamano alla parabola del capitolo 25 di Matteo, là dove si dice che neanche un bicchiere d’acqua resterà senza ricompensa eterna. Questa tendenza nega la divisione teologica tra naturale e soprannaturale e pensa che sia già evangelizzazione il promuovere condizioni di vita più umane, anche se non si annuncia esplicitamente il nome del Signore. Al loro modo di pensare si contrappongono quanti preferiscono la linea espressa nel Vangelo di Marco: "Andate e battezzate tutte le nazioni. Coloro che saranno battezzati si salveranno, gli altri saranno condannati". Questa seconda tendenza preferisce un’evangelizzazione più esplicita, poiché considera che ciò che si riferisce al benessere sociale poco o nulla ha a che vedere con il regno dei cieli. Può essere pre-evangelizzazione, ma non evangelizzazione propriamente detta.(Comunicazione e sviluppo; Emittente comunitaria; Libertà e comunicazione; Politica e informazione; Tazebao)
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Bibliografia
- DE SPINETOLI Ortensio, La parola ai muti, l'udito ai sordi. Il problema della comunicazione nella Chiesa, Cittadella Editrice, Assisi (PG) 1984.
- FAENZA Roberto (ed.), Senza chiedere permesso. Come rivoluzionare l’informazione, Feltrinelli, Milano 1973.
- FREIRE Paulo, ¿Extensión o comunicación? La concientización en el medio rural, Siglo XXI, Buenos Aires 1973.
- LEWIS Peter M., Alternative media. Looking global and local, UNESCO, Paris 1993.
- MERINO UTRERAS Jorge, Comunicación popular, alternativa y participatoria, CIESPAL, Quito 1988.
- PASQUALI Francesca - SORICE Michele, Gli altri media. Ricerca nazionale sui media non-mainstream, Vita e Pensiero, Milano 2005.
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Come citare questa voce
Olivera Manuel , Comunicazione alternativa, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (22/12/2024).
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